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Produrre con le alghe

10 Settembre 2025

Tra le risorse più importanti della blue economy, le alghe si stanno guadagnando un ruolo sempre più rilevante nello sviluppo e nell’ingegnerizzazione di materiali sostenibili, anche nel settore dell’arredo.

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Circa un quarto delle specie viventi abita sott’acqua, in un ecosistema che copre il 71% della superficie terrestre. Nell’esplorazione dei materiali bio-based, quindi, non sorprende che un fronte promettente sia costituito dalle potenzialità dei vegetali e degli altri organismi che popolano mari e oceani. I nuovi materiali di derivazione marina possono affiancare tanto i bio-based più noti (legno, cotone, canapa, lino, etc), quanto sostituire parzialmente materiali sintetici o inerti come plastiche e metalli. 
La blue economy sta infatti aprendo scenari inediti anche per l’arredo e l’interior design: dalle bioplastiche ottenute da alghe brune ai pannelli acustici a base di posidonia, fino ai tessili da microalghe. Materiali marini che possono contribuire a diversificare le filiere estrattive, aumentare la sensibilizzazione attorno a una tipologia ecosistemica, quella oceanicache assorbe tanta CO2 quanto quella forestalee valorizzare produzioni locali con narrazioni fortemente identitarie anche dal punto di vista geografico. E la texture porosa della posidonia, la trasparenza delle bioplastiche algali, le sfumature cromatiche dei tessuti da microalghe, possono arricchire di forme e colori nuovi la grammatica del design contemporaneo. 

packaging alghe
Nice to Seed You, progetto della designer Laura Bordini (ricercatrice del Design Friction Lab – Libera Università di Bolzano). Image via

BIOPLASTICHE DA ALGHE

Le ricerche sulle bioplastiche da alghe sono iniziate – ormai ben più di due decenni fanell’ambito del packaging, ma stanno rapidamente estendendosi al settore dell’arredo. Grazie a processi di estrazione di polisaccaridi (agar, carragenina, alginati), è possibile ottenere film e compositi resistenti, trasparenti o semitrasparenti, con ottime proprietà barriera. Se abbinati ad altre fibre naturali, questi materiali diventano interessanti per piani sottili, rivestimenti o per elementi decorativi. Per le aziende, il vantaggio è duplice: riduzione della dipendenza da risorse fossili e possibilità di offrire prodotti dall’alto valore comunicativo, in sintonia con i criteri ESG. 

casa alghe
Life Reusing Posidonia, 14 appartamenti progettati dal Balearic Social Housing Institute a Formentera, realizzati con materiali reperiti localmente, tra cui la posidonia oceanica per tutti gli isolamenti. Il progetto fa parte del programma LIFE dell’Unione Europea. Image via

ISOLAMENTO TERMICO E ACUSTICO CON LA POSIDONIA

La posidonia oceanicapianta marina tipica del Mediterraneo, che protegge le coste dall’erosione e che, con le praterie che costituisce, è un’ottima indicatrice della salute dei mari – in Italia è considerata dal Testo Unico Ambientale un rifiuto solido quando le sue foglie arrivano sulla terraferma spiaggiate e devono quindi essere smaltite tramite compostaggio post dissabbiamento. Naturale, leggera, resistente a muffe e insetti, la posidonia – che cresce coprendo circa l’1,5% del bacino del Mediterraneopuò essere trasformata in imbottiture o agglomerati senza bisogno di additivi chimici. Soprattutto, viene largamente utilizzata per produrre pannelli fonoassorbenti, un elemento sempre più presente nei progetti per i settori contract e ufficio.

filato da alghe
Kelsun®, materiale tessile ottenuto da filato a base di alghe e sviluppato da Keel Labs. Image via

TESSILI DA MICROALGHE

Dalla coltivazione delle microalghe, invece, derivano biomasse utilizzabili come base per filati e rivestimenti. Alcune startupKeel Labs, che sviluppa fibre tessili a base di alginati da alghe brune applicabili in sostituzione al poliestere, o Vollebak, che ha ingegnerizzato capi d’abbigliamento in tessuti che, per migliorarne le prestazioni, vengono infusi o tinti con materiali “estremi” come grafene, fibra di carbonio, ceramica legno, suolo vulcanico e alghe nere, per citare due esempi – stanno lavorando a tessuti tecnici da microalghe che combinano prestazioni avanzate come idrorepellenza e traspirabilità, con un’estetica contemporanea. Iniziare a includere questi materiali nella fase iniziale della progettazione di sedute, pannelli imbottiti o tende realizzate con queste fibre, senza incorrere semplicemente nella strategia di sostituzione, significa spingere il design del prodotto verso un’estetica radicalmente nuova, capace di parlare di innovazione biotecnologica e responsabilità ambientale.

 

sci alghe
Dettaglio della superficie in Algal Wall di WNDR Alpine. Image via

ESEMPI DI INNOVAZIONE: DALLO SPORT ALL’ARCHITETTURA

Gli sviluppi più interessanti arrivano spesso da settori apparentemente lontani dal design d’interni, ma come sempre è la contaminazione tra discipline, unita a una forte volontà di sperimentazione, a portare i risultati più promettenti. WNDR Alpine, azienda statunitense di sci e snowboard il cui claim è “Algae in, petroleum out”, ha introdotto Algal Core e Algal Wall nella propria linea produttiva, due materiali derivati da microalghe in grado di sostituire poliuretani e ABS tradizionali. Il risultato sono prodotti con un contenuto bio-based fino al 67%, migliori proprietà di assorbimento delle vibrazioni e maggiore stabilità. 
 

sci alghe
Processo di casting dei materiali AlgalTech® negli stampi con innovativa piastra a spirale (SpiralMade®). Image via

Il primo materiale è un composito laminato verticalmente, realizzato con poliuretano ad alta densità derivato da microalghe (con contenuto bio-based del 41,58%) e pioppo americano, che riduce il peso e offre proprietà di smorzamento – ovvero la capacità di assorbimento di energia durante un impatto – altrimenti irraggiungibili con un’anima in legno massiccio. Il secondo invece consiste in una fiancata in poliuretano colato, derivata da olio di microalghe (con contenuto biobased recentemente passato dal 58% al 67%, secondo lo standard ASTM D6866), che garantisce proprietà di smorzamento nettamente superiori rispetto alle tradizionali fiancate in plastica ABS. Questo si traduce in una riduzione significativa delle vibrazioni, senza alcun aumento di peso. 

resina da alghe
Puddle Pavilion, di I/Thee design studio, con materiale Checkersport. Image via – ph. Dug Rosse

 
In architettura e design, diversi studi hanno iniziato a impiegare resine e compositi da alghe. Il progetto Puddle Pavilion, completato questo agosto dallo studio I/Thee in Iowa, ad esempio, consiste in una serie di coperture temporanee libere, realizzate in resina a base di alghe, colata direttamente sul terreno senza l’uso di casseforme, per poi essere sospesa su sottili colonne d’acciaio. Questa resina è composta per il 56% da contenuto bio-based ottenuto da olio derivato da alghe ed è prodotta dall’azienda californiana Checkerspot, che nel 2022 ha lanciato un “Pollinator Kit”, che consente ai designer di sperimentare tramite semplice colata la realizzazione di componenti utilizzando plastica a base di alghe anziché da derivati fossili.  

bio-plastic da alghe
Pollinator Kit. Image via

Negli ultimi anni, sempre più studi e designer hanno sperimentato le alghe come materiale vivo e performativo: Studio Klarenbeek & Dros ha sviluppato una bioplastica a base di alghe stampabile in 3D; Crafting Plastics! Studio lavora su biopolimeri da alghe e scarti agricoli, testando applicazioni sia in oggetti d’uso quotidiano che in arredi; Seaweed Assemblage di Julia Lohmann, installazione alla 22esima Triennale di Milano 2019, Broken Nature, esplorava l’estetica e la tattilità delle macroalghe come nuovo linguaggio per il design degli interni. E si potrebbe continuare ancora. 

Leggi anche l’intervista ecoLogicStudio: la biomimesi nel design

Il progetto Algaetecture di Carlo Ratti Associati, realizzato ormai di più di dieci anni fa, dimostrava come già allora fosse chiara la direzione: le alghe non come suggestione artigianale, ma come materia prima da ingegnerizzare, capace di prestazioni elevate. All’interno del progetto, durante la Milano Design Week del 2014, CRA ha presentato due prototipi, Urban Algae Canopy e Urban Algae Facade, sistemi architettonici in scala reale capaci di integrare colture di microalghe direttamente in facciata e copertura, trasformando le superfici in macchine fotosintetiche attive. L’Urban Algae Canopy, basato sul sistema “HORTUS” di ecoLogicStudio, era un padiglione con membrane multistrato in ETFE in grado di regolare in tempo reale flussi di energia, acqua e CO₂ in relazione al meteo e ai movimenti dei visitatori. Una struttura in grado di produrre la stessa quantità di ossigeno di quattro ettari di bosco e fino a 150 kg di biomassa al giorno, il 60% della quale costituita da proteine vegetali. 

Algaetecture CRA
Algaetecture, di Carlo Ratti Associali, Milano Design Week 2014. Image via 

L’Urban Algae Facade, sviluppato con Cesare Griffa, proponeva invece il sistema verticale WaterLilly 2.0 che, integrato nelle città, avrebbe potuto assorbire CO₂, generare ossigeno e migliorare le prestazioni passive degli edifici grazie a ombreggiamento e raffrescamento naturale. Questo progetto pionieristico dimostrava già oltre dieci anni fa come le alghe potessero diventare pelle architettonica attiva, contribuendo al metabolismo urbano, sequestrando CO2 e anticipando alcuni temi, tra bioedilizia e facciate performative. 

Dal 2014 a oggi il passaggio dalla sperimentazione ai materiali tecnologici è già ampiamente avvenuto e la realizzazione di prodotti a base di alghe non è più solo un esercizio speculativo, ma una possibilità concreta e scalabile, in grado di generare valore industriale in quanto risorsa rinnovabile.